Janare: la leggenda delle streghe di Benevento


«Sotto l'acqua e sotto u viento, Sotto u noce e Beneviento»

La leggenda narra che Benevento sia stata fondata dall'eroe greco Diomede, che avrebbe donato alla città una zanna del mitico Cinghiale Calidonio, divenuto in seguito un simbolo distintivo. Questa tesi sarebbe confermata da una moneta del IV secolo a.C. recante l’immagine del cavallo (propria di Diomede) e la scritta Malies, che indica l’origine del primo nome della città Maloenton, in latino Maleventum. Benevento, nata dall'acqua del Sabato e del Calore, abitata fin dai tempi più antichi ha visto il susseguirsi di diversi popoli, dai Sanniti ai Romani. Quando Roma cadde, una nuova stirpe fece irruzione, portando con sé la sua religione, i suoi usi e le sue superstizioni: i Longobardi. In questo periodo, un continuo intrecciarsi di finzione e realtà farà nascere il mito della città delle streghe.

I Longobardi erano soliti svolgere dei riti pagani nei pressi del fiume Sabato, donne urlanti saltavano intorno ad un albero di noce, da cui pendevano serpenti e uomini a cavallo infilzavano una pelle di caprone appesa ad un albero. Queste usanze erano considerate demoniache dai beneventani cattolici, la cui religione fu in seguito accettata dai dominatori. Nel 664 avvenne la conversione grazie, anche, alla perseveranza di San Barbato, che ordinò lo sradicamento dell’albero di noce. Tuttavia, nei secoli successivi la credenza del volgo si arricchì: si narrava che streghe, “le janare”, provenienti da ogni dove, volando come il vento, realizzassero sortilegi e magie, riunite intorno ad un noce.

Il nome “janara” potrebbe derivare da Dianara, sacerdotessa di Diana, dea romana della caccia e della luna, oppure dal latino ianua, “porta”. Infatti, secondo la tradizione, queste donne erano in grado di passare attraverso le porte, senza essere viste. L’unica difesa consisteva nel collocare una scopa, o un sacchetto con grani di sale dinanzi alla porta. La strega era, così, costretta a contare i fili della scopa fino al sorgere del sole, la cui luce sembrava essere mortale. La janara era un’esperta di erbe, che utilizzava nelle sue pratiche magiche: realizzava un unguento che le permetteva di diventare incorporea e fondersi con la natura del vento. Usciva di notte e si intrufolava nelle stalle dei cavalli per rapire una giumenta e recarsi al sabba, dopo aver fatto le trecce alla criniera della giovane cavalla e lasciato un segno della sua presenza.

Per scoprire altri contenuti e curiosità sulla leggenda, visitate “Janua museo streghe Benevento”, sito in Corso Garibaldi,147.

A presto,
Libera



( Sara Russo, "Janare",
acrilico su tela)

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