“Ciak si intervista”: Serena D’Onofrio e “Mi presento”
Il 28 e il 29 ottobre in
occasione della 38^ sagra della castagna, si è svolta a Cervinara (AV), la
prima mostra di Serena D’Onofrio, allieva dell’Accademia Delle Belle Arti Di
Napoli. “Mi presento” ha trovato spazio nel suggestivo Borgo Castello, ad
accompagnare la frizzante atmosfera sono stati il colore e l’animo dei quadri:
dal viola al blu; dal sogno alla realtà.
Ecco l’intervista, buona lettura.
Quando
realizzo un’intervista, mi piace far conoscere a chi legge, qualcosa di chi si
racconta: parlaci di Serena D’Onofrio come persona e come artista.
Parlare di me non è mai stato facile. Sono sempre stata una persona molto riservata, chiusa, che però col tempo ha saputo fortificarsi e aprirsi al mondo. La figura dell'artista mi è sempre appartenuta, fin da piccola sono stata innamorata dell'arte e dei colori, ho capito che sarebbe stata la mia unica strada. È la mia vocazione. Cosciente del fatto di avere un mondo interiore più profondo e segreto, l'arte mi ha aiutato e mi aiuta a cacciarlo fuori, a trasformarlo in materia, in visione. A tal proposito, mi definirei un artista del sogno. Sogno e vorrei far sognare ad occhi aperti.
“Mi
presento” è il titolo che hai dato alla tua mostra: perché?
"Mi presento" è stata
la mia prima mostra. Ho scelto proprio questo titolo perché la definirei quasi
una "mostra di presentazione", di "evoluzione". "Mi
presento" al pubblico, alle persone che sono venute a vedermi; "mi
presento" allo scenario artistico, al paese, non più come semplice
studentessa, semplice cittadina, ma come artista. E "mi presento" un
po' anche a me stessa, finalmente ho potuto conoscermi di più.
Quali
sono le tematiche che hai voluto rappresentare nei tuoi quadri?
Nei miei quadri, come già detto,
parlo del mio mondo interiore, delle mie fantasie. Alcuni erano anche legati al
tema della sagra della castagna, interpretati nella mia chiave
"metafisica". Altri semplicemente, erano quadri di sperimentazione e
crescita.
Hai
affermato che dipingi per sfoggiare l’emozione, non la tecnica: cosa vuoi
intendere?
"Dipingo per sfoggiare
l'emozione, non la tecnica" è il mio motto, è la sintesi di tutta la mia
arte. Semplicemente intendo di non voler sfoggiare la bravura tecnica, la
perfezione, le giuste proporzioni, la cura dei dettagli... voglio toccare
l'anima delle persone, voglio smuovere quei sogni interiori, quelle sensazioni
remote o addirittura sconosciute. Voglio far sognare, voglio emozionare.
Credi
che la pittura possa essere una fedele insegnante? Se si, cosa ti ha insegnato?
La pittura è la mia maestra di
vita, è il tramite tra l'interno e l'esterno, tra l'astratto e il concreto. È
un ponte che congiunge la fantasia con la realtà. Mi ha insegnato ad essere me
stessa e a non aver paura di mostrarmi agli altri.
Ho
notato che questo quadro in particolare rievoca l’immagine della castagna, ma
mi ricorda anche “il violino di Ingres” di Man Ray: puoi spiegarlo?
Come canone, mi sono rifatta alla
donna del "violino di Ingres", ma la mia è una Venere, la Venere
della castagna, della tradizione del mio paese, Cervinara. Questo è uno dei
quadri a tema della sagra, ho fuso 3 stili: il classico, il bello ideale della
statua greca, identificata con la Venere; la castagna, frutto simbolo del
paese; e il cielo/galassia di una dimensione onirica e metafisica. Tutto ciò
per indicare la protezione della Venere sulle tradizioni del paese.
Eccoci
arrivati al mio quadro preferito: cosa rappresenta?
"Gli amanti" è forse il
quadro più malinconico di tutti. Lo spunto è arrivato da "Les Amants"
di René Magritte, perché ne amo il tema: l'amore muto, l'incomunicabilità di
una coppia. I due amanti sono di marmo, sono delle statue, quindi si presentano
freddi e inanimati. Gli occhi non vedono, le bocche non parlano. Però... il
sangue che sgorga dai loro occhi fa presagire che ci sia un tocco di vita in
questi due personaggi, forse il loro amore, forse la tristezza e il dolore che
provano per la loro incomunicabilità. Si fonde il contrasto tra il caldo e il
freddo, tra la vita e la morte.
Spesso, come in questo
caso, ricorre l’immagine della rosa, perché?
In questo quadro, le rose sono l'oggetto che
indica il morire e il rinascere, il ciclo della vita e della morte... lo
scorrere del tempo. Il sangue, che spesso ricorre nei quadri, è simbolo di vita
e stimolo, ma anche dolore e sofferenza, e conferisce ai quadri un velo
malinconico, che caratterizza anche il mio essere.
Puoi definire il tuo stile di pittura?
Potrei provare a definirlo, ma non ne sono sicura.
C'è una fusione di surreale, di onirico e di metafisico. Ricercare uno stile è
sempre stato il mio obiettivo, spero di averlo trovato e magari un giorno di
saperlo descrivere e portare alla massima espressione.
Alla luce di quanto risposto nella domanda
precedente, i miei modelli in effetti vanno da Magritte, Dalì, Frida fino a De
Chirico. Loro hanno fatto parte delle mie ispirazioni, che però sono dettate perlopiù
da immagini e idee che nascono dentro di me.
Siamo giunti alla fine dell’intervista, quindi voglio chiederti: Cosa ti ha lasciato questa esperienza? Vedremo altre mostre di Serena D’Onofrio in futuro?
Questa esperienza mi ha lasciato tanto, mi ha
lasciato del bello! Volevo sfoggiare l'emozione, ma sono stati i quadri e le
persone che sono venute a trovarmi a sfoggiarla. Mi ha resa molto più forte di
prima, mi ha dato lo stimolo e la grinta per nuove produzioni, e mi ha resa
anche più sicura sui miei prodotti che per me sono come "figli".
Probabilmente vedremo ancora qualcosa di Serena D'Onofrio, quindi attenzione! 😜
In futuro spero di fare tante altre mostre
migliori di questa, sempre ricche di emozioni e di girare il mondo, portando la
mia emozione molto molto lontano.
Grazie mille per questa intervista e per chi avrà
la pazienza e il tempo di leggere!
Noi cari lettori ci "vedremo" presto, continuate a seguirmi.
Commenti
Posta un commento