Bianco Come Dio: recensione del libro di Nicolò Govoni


“Partire era stata una buona scelta, tornare era stata una scelta migliore, ma la scelta più importante fu restare.”

Nel libro Bianco Come Dio, Nicolò Govoni ci porta alla scoperta della quotidianità vissuta a Dayavu Home, orfanotrofio presso cui collabora, inizialmente, come volontario. Partito con l’ingenuità dei suoi vent'anni, per una terra sconosciuta, l’India, decide poi di rimanere. Decide di rimanere per fare la differenza e cambiare il mondo, perché sebbene non si possa cambiare il mondo per tutti, lo si può fare almeno per una persona. La storia è incentrata sulla vita di Nicolò e dei suoi venti “fratelli” ed è temporalmente collocata dopo la stesura di UNO, suo primo libro. Quando torna, nonostante ad unirli, ormai, sia un legame fraterno, il ragazzo deve fare i conti con quello che si è lasciato alle spalle e recuperare il rapporto con i bambini dell’orfanotrofio. La sua vecchia vita, fatta di agi, vizi e soffocamenti tipici del mondo occidentale, era stata il punto cardine per la svolta che avrebbe costituito la sua nuova vita.

L’argomento di principale riflessione è il volonturismo, ciò che aveva rappresentato la sua prima missione e che, si rende conto, aveva contribuito a rendere egoistiche le sue azioni. Il volonturismo è viaggiare per il mondo di orfanotrofio, in orfanotrofio: un bambino dietro l’altro, una vita dietro l’altra. Un fenomeno sempre più diffuso come questo, governato dalla speculazione delle multinazionali, porta a strumentalizzare la povertà. Ciò che Nicolò con schietta sincerità ci mostra all'interno del libro è il necessario bisogno di amare i “suoi” fratelli in quanto tali, in quanto individui concreti. Questi bambini non sono, infatti, esperienze da collezionare, ma persone spesso chiuse in sé stesse e abbandonate dalla società. Non sono “angeli dalla pelle scura”; sono esseri umani che si portano dietro le cicatrici di un passato oscuro, dominato dall'ignoranza. Proprio per migliorare la loro vita, Nicolò decide di migliorarsi e trasformarsi in una versione superiore di sé stesso, quella di chi con coraggio e responsabilità combatte al loro fianco ogni giorno, contro le avversità. E’ così che riesce, anche grazie al supporto economico di chi legge i suoi libri, ad assicurare loro un’istruzione, affinché possano con il tempo diventare padroni del proprio mondo.

L’autore ci racconta, con uno stile profondamente toccante, le vicende che lo caratterizzano e che caratterizzano chi vive a Dayavu Home, descrivendo il processo di crescita graduale che li accompagna. E’ attraverso l’utilizzo di flashback che il lettore fa la conoscenza della sua vita passata, o si commuove dinanzi al racconto delle storie dei suoi bambini.Il titolo Bianco come Dio, fa riferimento ad un appellativo dato a Nicolò. E’ come se rappresentasse la distanza che c’è tra sé stesso e quel mondo. In realtà, io voglio leggerlo come quel bianco, quella luce che egli irradia ogni giorno con la sua presenza.  A questo punto, voglio dire grazie a Nicolò per avermi mostrato la realtà, anche sé dura; per avermi insegnato il coraggio di chi desidera ardentemente vedere non solo il bianco e il nero, ma tutti i colori; per aver espresso la profonda verità di chi aspira a cambiare il mondo. La parte del libro che mi ha maggiormente colpita è stata quella in cui egli immagina il proprio futuro: un futuro a colloquio con suo figlio a cui dice di vivere la vita appieno e di credere sempre nel cambiamento. Mi auguro davvero che i figli del domani possano essere formati sulla base di una metamorfosi presente.

Consigli di lettura:

Il libro è consigliato a tutti perché forgia l’anima.



Spero che la recensione vi sia piaciuta.
A presto,
Libera 

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